Editoriale: I conti del "Dopo di noi"

Editoriale: I conti del "Dopo di noi"

  • Article Number: 10

di Alessandro Pallara

Alla fine dell’anno scorso la Corte dei conti ha diffuso gli esiti della valutazione sull’attuazione delle misure previste dalla legge 22 giugno 2016, n. 112 (in seguito Relazione). 

A distanza di sette anni dall’ approvazione della legge emergono forti ritardi nell’attuazione dei programmi di spesa e nella realizzazione delle misure previste per migliorare il benessere delle persone con disabilità grave, già prive o in vista della perdita del sostegno familiare.

Per rafforzare il livello di autonomia e l’inclusione sociale di queste persone la legge sul “dopo di noi” si propone le seguenti finalità:

1. favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di sostegno alla domiciliarità;

2. realizzare interventi innovativi di residenzialità, di tipo familiare e di co-housing;

3. sviluppare programmi di accrescimento della consapevolezza e di sviluppo delle competenze per il raggiungimento del maggiore possibile livello di autonomia.

Con il successivo DM 23 novembre 2016 sono stati individuati gli interventi e i servizi da garantire su tutto il territorio nazionale per il perseguimento delle finalità indicate. Le Regioni sono state chiamate ad adottare indirizzi di programmazione e a definire criteri e modalità per l’utilizzo dei finanziamenti del Fondo per l’assistenza.

La dotazione del Fondo era stata, secondo norma, determinata in 128,3 milioni di euro per il biennio 2016-2017 (90 milioni per il 2016 e 38,3 per il 2017) e in 56,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2018.

Successivamente, la dotazione è stata ridotta per il 2018 a 51,1 milioni, è rimasta integra per il 2019 ed è stata incrementata di 2 milioni con la legge di bilancio e di ulteriori 20 con il Dl 34/2020 emanato per fronteggiare l’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19. L’incremento di 20 milioni annui è stato confermato per il 2021 e 2022. Lo stanziamento totale per l’intero periodo è dunque risultato di 465,8 milioni di euro.

La valutazione della Corte dei conti è riferita alle risorse assegnate fino al 2021, pari a circa 390 milioni di euro, non essendo stato ancora definito, al momento della predisposizione della Relazione, il riparto delle risorse stanziate per il 2022 (il decreto è stato poi varato il 21 dicembre 2022). Il quadro che emerge riguardo all’utilizzo delle risorse stanziate e alla loro efficacia risulta preoccupante.

In primo luogo, le risorse sono state ripartite fin dall’inizio in proporzione all’ammontare della popolazione nella fascia d’età 18-64 anni residente nelle regioni. Nella Relazione si sottolinea che “il criterio di riparto adottato, del tutto inadeguato a quantificare il fabbisogno di ciascun territorio regionale, è rimasto invariato negli anni, pur essendo previsto (DM 23 novembre 2016, art. 5, comma 3) che lo stesso, da utilizzare in quell’anno in via sperimentale, potesse essere oggetto di integrazione o revisione”.

Le risorse relative alle annualità 2016 e 2017 (128,3 milioni) risultano erogate interamente alle Regioni. A partire dal 2018, però, il trasferimento è stato condizionato alla “rendicontazione sull’effettiva attribuzione ai beneficiari delle risorse trasferite del secondo anno precedente l’erogazione medesima” (DM 23 novembre 2016) e, dal 2021, all’effettivo utilizzo rendicontato di almeno il 75% delle risorse del secondo anno precedente (DPCM 21 novembre 2019).

Come conseguenza, la percentuale di risorse via via erogate è risultata progressivamente decrescente per il ritardo o la mancata rendicontazione da parte di molte regioni. Dalla Relazione emerge che dei 185,3 milioni previsti per gli anni 2018-2020 sono stati erogati 116,2; dunque, oltre il 37% delle risorse stanziate non è stato riscosso. Focalizzando l’attenzione sul biennio 2019-2020, il dato risulta ancora più allarmante: 64,3 milioni, pari al 47,9% dei 134,2 previsti, quasi la metà, non sono stati trasferiti.

 

La Relazione mette in luce la forte eterogeneità nell’assolvimento dell’obbligo di rendicontazione delle regioni: al momento della valutazione della Corte dei conti risultavano ancora in fase di istruttoria i rendiconti di Molise e Sicilia per il 2016; non erano pervenuti quelli di Molise e Calabria per il 2017; soltanto sei regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Toscana e Piemonte) hanno rendicontato correttamente e ricevuto tutte le risorse loro assegnate dai decreti di riparto per gli anni dal 2016 al 2020.

Conclusivamente, viene rilevato che “i ritardi e i casi di mancata rendicontazione documentano difficoltà delle Amministrazioni territoriali nella gestione delle risorse, le quali possono riguardare proprio l’attività di rendicontazione o, più verosimilmente, le procedure di utilizzazione delle risorse per le finalità alle quali erano destinate”.

Ne derivano due domande: qual è stato il destino delle risorse non rendicontate? quali limitazioni nell’attuazione di interventi e nell’erogazione di servizi a beneficio delle persone con disabilità grave ha comportato il blocco dell’erogazione delle risorse per gli anni 2018-2020? Ad esse non è possibile dare una risposta adeguata.

L’analisi relativa all’attuazione degli interventi risulta ancora più allarmante: emerge una situazione molto difforme sul loro grado di realizzazione rispetto alle previsioni di legge e a quanto contemplato negli indirizzi programmatici delle Regioni e la pratica impossibilità di effettuare valutazioni di efficacia.

Dalle rendicontazioni effettuate dalle regioni e dai dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (in seguito MLPS) per l’attività valutativa della Corte dei conti risulta che, fino a novembre 2021, hanno beneficiato degli interventi 8.424 persone; i progetti complessivamente finanziati a livello nazionale sono stati 15.945. Dunque, potrebbero essere stati finanziati più progetti per una stessa persona; oppure, alcuni di essi non avevano destinatari diretti fra le persone aventi diritto).

L’art. 8 della legge 112/2016 prevedeva che fosse predisposta a cura del MLPS, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione. In effetti, l’ultima rappresentazione “ufficiale” degli interventi, e l’unica nella quale siano stati forniti dati sull’attuazione, è la Seconda relazione trasmessa dal MLPS alle Camere a dicembre 2019, riferita agli interventi avviati fino al 31 dicembre 2018 da dodici regioni che avevano fornito informazioni. La Corte dei conti sollecita quindi il MLPS al rispetto dell’adempimento e a svolgere verifiche sull’efficace gestione delle risorse.

Al momento del varo della legge, la platea potenziale dei destinatari venne stimata tra le 100 e le 150mila persone. Nella Relazione della Corte dei conti si considera opportunamente “come solo in minima parte siano state soddisfatte le esigenze di cui la legge si era fatta carico. La distanza tra le due entità (numero effettivo e numero previsto di soggetti beneficiari) è tale da costituire comunque un elemento di forte preoccupazione”.

Dai dati emerge che gli interventi sono stati indirizzati verso: i) programmi di accrescimento della consapevolezza e sviluppo delle competenze per il raggiungimento del maggiore possibile livello di autonomia (37%); ii) percorsi programmati di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare o per la deistituzionalizzazione (35%); iii) sostegno alla domiciliarità in soluzioni alloggiative (16%). Gli interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare, in coerenza con il dettato della legge che ne prevedeva l’adozione soltanto per far fronte a situazioni di emergenza, hanno assorbito una quota residuale di risorse (6%).

È interessante fare un confronto con la destinazione delle risorse per il biennio 2016 e 2017, pari a 128,3 milioni di euro, prevista negli indirizzi programmatici approvati dalle regioni. I dati sono stati riportati nella Prima relazione sull’attuazione della legge trasmessa dal MLPS al Parlamento a novembre 2017 (la relazione è stata commentata nell’editoriale di questa newsletter di dicembre 2017). Pur considerando che i due documenti si riferiscono a dati differenti (numero di beneficiari nella Relazione della Corte dei conti e allocazione programmata delle risorse finanziarie nella Relazione del MLPS), alcune osservazioni generali possono essere fatte.

La tipologia di intervento sulla quale si era maggiormente concentrata la programmazione regionale è quella degli interventi infrastrutturali: realizzazione e/o di messa a disposizione di alloggi, con specifica attenzione alle soluzioni alloggiative di tipo familiare e co-housing e che prevedessero l’utilizzo di nuove tecnologie per migliorare l’autonomia delle persone con disabilità. 

A tale obiettivo si prevedeva di indirizzare quasi il 30% delle risorse. Nella Seconda relazione del MLPS viene riferito che tale intervento, fino al 31 dicembre 2018, aveva riguardato 383 persone su 5.879 beneficiari di qualche misura. I programmi di accrescimento della consapevolezza e di sviluppo di competenze per l’autonomia risultano, invece, essere stato l’intervento maggiormente attuato in pratica, coinvolgendo, come si è detto, il 37% dei beneficiari rispetto a una previsione di impegno del 12% delle risorse. Pur considerando che un programma di accrescimento della consapevolezza ha un costo unitario inferiore a quello per la realizzazione di una soluzione alloggiativa, non si può non osservare che la prima tipologia denota interventi “più facili” dei quali non è agevole valutare l’impatto.

Vale la pena di ricordare che la legge assegna alle regioni il compito di definire le modalità “per la verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti” e che il DM 23 novembre 2016 impegna il MLPS a “verificare l’efficace gestione delle risorse, nonché la destinazione delle stesse al perseguimento delle finalità” previste. A tale riguardo, la Relazione sottolinea che “i dati acquisiti dal MLPS sulle attività di verifica svolte dalle regioni sono caratterizzati da una certa eterogeneità e genericità, evidenziando, tra l’altro, sistemi territoriali non sempre idonei a garantire un controllo efficace”.

Da ultimo, la Corte dei conti si sofferma sulle esenzioni e agevolazioni fiscali per i soggetti privati volte a favorire la stipula di polizze di assicurazione privata, la costituzione di trust e l’istituzione di altri fondi composti da beni con vincolo di destinazione in favore di persone con disabilità grave. I dati restituiscono una situazione “diversa da quella prevista, documentando un uso molto ridotto degli atti fiscalmente agevolati”. Era stato previsto un minor gettito erariale di quasi 52 milioni di euro per il 2017 e di 34 milioni a decorrere dal 2018, mentre le minori entrate per tutti gli anni d’imposta 2016-2020 sono risultate poco più di 7,4 milioni, con un andamento sempre decrescente, in particolare delle detrazioni per polizze assicurative. Viene ipotizzato che l’uso molto ridotto delle agevolazioni fiscali non sia dipeso dalla circostanza che la platea di beneficiari potenziali fosse più contenuta rispetto alla stima, ma che invece “le stesse agevolazioni abbiano rappresentato strumenti poco attrattivi o poco conosciuti, trattandosi di modalità innovative e complesse”.

Concludendo, la legge 112/2016, introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento forme specifiche di tutela per le persone con disabilità grave quando venga meno il sostegno familiare, costituisce un riferimento fondamentale della legislazione in tema di disabilità. A sette anni dalla sua emanazione l’attuazione ha incontrato forti difficoltà, in parte spiegabili dalla presenza di diversi livelli istituzionali (Ministero, Regioni, Ambiti territoriali sociali, Comuni) con competenze il cui esercizio coordinato non risulta semplice.

Nella Relazione della Corte dei conti viene rilevata anche la disorganicità della materia a livello ordinamentale, con norme talvolta sovrapposte, e segnalata la necessità di rafforzare i meccanismi e gli strumenti di governance per ridurre la variabilità dei comportamenti tra i diversi territori. Viene auspicato che i problemi emersi possano essere risolti attraverso i decreti attuativi della legge 22 dicembre 2021, n. 227 di delega al Governo in materia di disabilità, adottata nell’ambito delle riforme quadro previste dal PNRR (Missione 5: “Inclusione e Coesione”, Componente 2: “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore”) e che ha, tra le proprie finalità, la promozione di progetti di vita indipendente.

Viene, in particolare, richiamata “l’attenzione sulla necessità che siano previsti e disciplinati sistemi di controllo efficaci, indispensabili al fine di assicurare l’attuazione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni previsti per garantire alle persone con disabilità il diritto di esigere le prestazioni, ndr) su tutto il territorio nazionale”.

Da poche settimane è stato istituito presso il Dipartimento per le politiche in favore delle persone con disabilità un tavolo tecnico, presieduto dal Ministro per la disabilità, al quale partecipano rappresentanti delle amministrazioni pubbliche interessate, associazioni di categoria ed enti del terzo settore, per suggerire una proposta di riforma della legge 112/2016. Ci sono molte questioni che il tavolo tecnico potrà affrontare: il perimetro dei potenziali beneficiari; l’adeguamento e la stabilizzazione delle risorse finanziarie; la definizione di altre soluzioni abitative, più facilmente percorribili o comunque più adeguate a particolari esigenze dei beneficiari; il rilancio, anche comunicativo, degli strumenti fiscali. Soprattutto, occorre velocizzare gli interventi, raggiungere effettivamente i beneficiari e dare conto tempestivamente mediante indicatori appropriati del miglioramento del benessere delle persone con disabilità grave che si approssimano o stanno già vivendo la condizione del “dopo di noi”.
 

*Consiglio direttivo dell’Associazione “Eta Beta di Viterbo ODV”

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